Dott.ssa Maíra Chiarelli Serra – Medico Chirurgo specialista in Psichiatria
La Dottoressa Maíra Chiarelli Serra si è laureata in Medicina e Chirurgia presso la Pontifícia Universidade Católica de Campinas, San Paolo – Brasile e successivamente presso l’Università degli Studi di Milano.
Ha svolto attività clinica e di ricerca per la tesi di laurea presso l’Ospedale Policlinico di Milano, dove si è interessata alle malattie corpo-mente, realizzando una tesi sulla dermatite atopica e le correlazioni con le caratteristiche di personalità.
Si è specializzata in Psichiatria presso l’Università del Piemonte Orientale di Novara, dove presso l’Ospedale Maggiore ha svolto attività ambulatoriale, di reparto, di Day-hospital e di ricerca con diverse pubblicazioni.
È stata inoltre consulente presso l’UOS Alcologia e Nuove Dipendenze presso l’ASST di Vimercate.
Attualmente svolge attività libero professionale a Milano, con particolare interesse per i disturbi dell’umore (bipolare e depressivo), d’ansia, ossessivo-compulsivo e da sintomi somatici.
Salute mentale e Covid-19: una pandemia emozionale
Dall’inizio della pandemia tutti abbiamo dovuto affrontare qualche cambiamento e quindi adattarci di fronte alla nuova realtà. Queste reazioni sono molto variabili in quanto ogni essere umano reagisce diversamente allo sconosciuto. Tutte le nuove sensazioni derivate da questi cambiamenti (isolamento sociale, smart working, lutti), sono fattori di rischio per la salute mentale, come i disturbi d’ansia, depressione o altri disturbi psichiatrici. I sintomi più frequenti sono: alterazione del sonno, la mancanza di energia, l’eccessiva preoccupazione con il futuro e per la malattia stessa, l’insorgenza di tachicardie.
Per quanto riguarda le persone che si sono ammalate, sono stati identificati evidenze che il nuovo coronavirus possa infettare le cellule del sistema nervoso centrale e che quindi la reazione immunologica e la quantità di cellule infiammatorie possono essere il collegamento tra il patogeno e le manifestazioni psichiatriche.
Diverse evidenze indicano che queste sostanze infiammatorie alterano la plasticità (capacità di formare nuove connessioni tra i neuroni) neuronale e riducono la produzione dei neurotrasmettitori (molecole che inviano segnali biochimici tra le cellule neuronali). Anche il processo infiammatorio intenso può affettare la produzione dell’ormone cortisolo, portando allo sviluppo di sintomatologia psichiatrica. Per questo diventa importante la ricerca di un aiuto medico specializzato. Possiamo dire che la pandemia è anche una pandemia emozionale.
Oltre ad un supporto psichiatrico, lavorare sulla prevenzione è uno aspetto molto importante, sviluppare l’autoconoscenza è fondamentale e permette di guardare quello che fa bene ad ognuno di noi. Dobbiamo ritagliare del tempo per le attività che ci fanno piacere come ascoltare musica, leggere, meditare, praticare attività fisica. Insomma, coinvolgersi con una attività che contribuisca a sollevare la pressione e la tensione della vita quotidiana può essere la chiave per una vita più sana, rimanendo in una situazione restrittiva come adesso. Coltivando la propria qualità di vita e cercando un senso di pace interno e nelle relazioni interpersonali potremo così avvicinarci ad una società più inclusiva, più solidale, in cui possiamo non solo parlarne più apertamente di salute mentale ma vivere di una forma più autentica e felice.
Depressione e dolore
La depressione e il dolore sono due condizioni prevalenti nel mondo e presentano una forte relazione tra loro.
La presenza di sintomi dolorosi in quadri depressivi è elevata. Circa il 75% dei pazienti affetti da depressione presenta qualche sintomo doloroso, come lombalgia, cervicalgia, cefalea, epigastralgia e dolori generalizzati. La presenza di questi sintomi è un’espressione della gravità e peggioramento della qualità della vita.
La somatizzazione, ovvero l’espressione sul corpo di una sofferenza psichica mediante la comparsa di sintomi fisici ricorrenti (somatici), è una sfida per il paziente e per lo psichiatra. É un’esperienza sgradevole sul piano fisico ed emotivo e deve essere affrontata trovando la modalità di cura adeguata.
La relazione tra dolore e depressione è complessa e presenta aspetti neurobiologici, psicologici e comportamentali.
La depressione è associata a abitudine di vita meno salutari, oltre alla scarsa aderenza alla terapia farmacologica e maggiore incidenza di altri disturbi.
Si deve stare attenti perché alcuni sintomi depressivi sono frequenti in sindromi dolorosi e nella depressione, che può difficoltare la diagnosi differenziale o valutare una vera comorbidità.
Le caratteristiche che possono aiutare nel riconoscere depressione e dolore: energia ridotta, disturbi del sonno e preoccupazione sono comune a entrambi, invece solitudine e colpa sono più specifiche della depressione.
Per quanto riguarda il trattamento, gli antidepressivi hanno effetto positivo su dolore e umore. La terapia cognitivo comportamentale è un altro strumento che può aiutare nel controllo del dolore e dell’angoscia e dimostra buoni risultati quando utilizzata in concomitanza con la terapia farmacologica.
Altri approcci non farmacologici che meritano attenzione sono l’agopuntura, ipnoterapia, attività fisica e tecniche di rilassamento.
Le strategie non farmacologiche sono una buona complementazione per il trattamento dei pazienti più complessi. Nella visita psichiatrica si valuta il percorso più adeguato per ogni persona.
L’approccio della Psichiatria al Disturbo di panico
Il Disturbo di panico sono ricorrenti attacchi di panico inaspettati. Un attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti, periodo durante il quale si verificano quattro o più dei seguenti sintomi:
- Palpitazione, cardiopalmo, tachicardia
- Sudorazione
- Tremori fini o a grandi scosse
- Dispnea o sensazione di soffocamento
- Sensazione di asfissia
- Dolore o fastidio al petto
- Nausea o disturbi addominale
- Sensazione di vertigine, di instabilità, di “testa leggera” o di svenimento
- Brividi o vampate di calore
- Parestesie (sensazione di torpore o formicolio)
- Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi)
- Paura di perdere il controllo o di impazzire
- Paura di morire
(*DSM-V Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali)
L’ansia è l’anticipazione di una minaccia futura. Gli attacchi di panico giocano un ruolo importante all’interno dei disturbi d’ansia come un particolare tipo di risposta alla paura.
La presenza di sintomi fa sí che le persone cerchino altri medici, prima dello psichiatra, come medico di base, cardiologi e il pronto soccorso. Alcune condizioni cliniche, come l’ipertiroidismo e feocromocitoma, e anche l’abuso di sostanze, come cannabis, cocaina e anfetamine, possono essere associati alla comparsa degli attacchi di panico.
Il disturbo di panico è tra i più invalidanti dei disturbi d’ansia.
Gli attacchi di panico si manifestano in modo ricorrente e inaspettato, sono più comuni nelle femmine rispetto ai maschi, ma le caratteristiche cliniche o sintomatologiche degli attacchi di panico non differiscono tra maschi e femmine.
Il Disturbo di panico è frequentemente associato ad altre comorbidità psichiatriche come depressione e disturbo bipolare.
La sua prevalenza in Europa è di 2-3%. L’età di insorgenza media è di 20 anni. Il decorso della malattia può essere di vari tipi: cronico (45%), ricorrente (24% dei casi) e remittente (36%), anche se si registrano casi di risoluzione completa dopo pochi anni dall’insorgenza di un primo attacco critico.
Trattamento
Gli SSRI (Inibitori Selettivi della ricaptazione della serotonina) sono i farmaci di prima scelta nel trattamento del disturbo di panico. Gli studi supportano l’efficacia di sei differenti farmaci (fluoxetina, paroxetina, sertralina, fluvoxamina, citalopram e escitalopram). In alcuni studi, anche la venlafaxina è stata testata.
Un altro gruppo di farmaci molto utilizzato sono le benzodiazepine. Tuttavia il suo potenziale per sviluppare dipendenza o tolleranza, diventano necessarie dosi più alte per produrre gli stessi effetti.
Se però gli attacchi sono stati frequenti e i soggetti hanno modificato il loro comportamento per evitare attacchi futuri, spesso si rendono necessari il trattamento farmacologico e la psicoterapia. Il soggetto che presenta un disturbo di panico risponde meglio alla terapia se comprende che la malattia implica meccanismi sia fisici che psicologici e che con il trattamento di solito si riesce a controllare i sintomi.
Il trattamento farmacologico può prevenire o ridurre notevolmente il numero di attacchi di panico. Tuttavia, senza la psicoterapia, i farmaci non possono aiutare le persone a preoccuparsi meno per gli attacchi futuri e cessare di evitare le situazioni che causano gli attacchi di panico. La terapia cognitivo comportamentale è la più studiata strategia di trattamento per il disturbo di panico
Le strategie che mettono insieme la terapia farmacologica e la terapia cognitivo comportamentale sono considerate le più efficaci per la maggior parte degli studi.